La pittura friulana del Rinascimento

"Il manoscritto dei Pittori Friulani del Rinascimento e dell'Inventario artistico della Provincia di Udine, che quasi un secolo fa (1876), Giovanni Battista Cavalcaselle presentava già messo in pulito e licenziato per le stampe, alla Deputazione Provinciale per il Friuli, si pubblica oggi, finalmente".
Così scrive Decio Gioseffi nel presentare questo libro; e dopo aver aggiunto che si tratta di un'opera di scienza, che andava annotata per le vicende occorse al Friuli in questi ultimi cento anni, aggiunge subito che il testo del Cavalcaselle resta insuperato, e ne spiega le ragioni.
Nessuna grande opera di scienza esce dalla mischia di cento anni di disordine del patrimonio artistico italiano (con due guerre in soprappiù, fra il 1915 e il 1945), senza portarne i segni. Ma questa che nel 1876 - e dopo gli studi del de' Renaldis e di Fabio de Maniago - faceva il punto sul patrimonio d'arte del Friuli con geniale autorità, possiede dati e caratteri di inestimabile valore; e basterebbero a dir poco quelli documentari a darle significato. Ci si domanda, in conclusione, su quali altri documenti organici sarebbe oggi possibile fare la storia della pittura friulana se non esistesse questo studio finalmente pubblicato, con le note di Giuseppe Bergamini.
Con la messa a fuoco dei valori autentici della pittura friulana comincia la ricognizione moderna, paziente e rigorosa delle vicende subite dal patrimonio artistico di una grande provincia dell'Italia settentrionale: la storia anche delle distruzioni, dei furti, degli smarrimenti, delle alienazioni forzose e inconsapevoli delle opere d'arte. Le note di aggiornamento al testo cavalcaselliano e le postille redatte dal Bergamini sono l'indice della sua competenza e del rispetto verso il testo del grande storico dell'arte, e un atto di intelligente amore per la sua terra.
Quanto al metodo seguito dal Cavalcaselle, nell'esame delle opere pittoriche, è troppo noto perché se ne debba discorrere qui. Tuttavia, dove esistevano i suoi disegni delle opere studiate, sono stati messi a fronte delle pitture. Quanto alle note "memorative", basterebbero quelle citate dal Bergamini a proposito di Gianfrancesco da Tolmezzo. E si capisce che i grammatici di fine Ottocento, che non avevano ancora imparato la lezione del Manzoni, potessero scandalizzarsi. Ma un fatto è incontestabile: gli appunti del Cavalcaselle vanno diritti al nodo del problema critico e possiedono intatta la capacità di storicizzare le immagini: che è quello che conta quando occorre leggere e capire un'opera d'arte.