Raffaello Sanzio (1483-1520) è stato il genio del mutamento, dell’assimilazione, della curiosità. Una continua ansia sperimentale, ha fatto si che nei vent’anni del suo percorso artistico si sia confrontato con tutte le “maniere” con cui è entrato in contatto: dapprima in Umbria, col padre Giovanni Santi, con Pinturicchio e con Perugino, quindi a Firenze, con Leonardo, Fra’ Bartolomeo e Michelangelo, infine a Roma, con la pittura dei maestri veneti e con i capolavori dell’arte classica. Così facendo, seppe mettere costantemente in crisi i risultati raggiunti, anche se apparentemente “perfetti” ed esaltati dalla committenza. Il desiderio di affrontare sempre nuove sfide intellettuali lo spinse a cercare un confronto con il mondo dei letterati, così da conseguire, nelle proprie opere, un inedito spessore culturale, garantendosi straordinario credito presso i circoli umanistici più aggiornati: basti pensare al rapporto privilegiato che lo legò a Baldassar Castiglione o alla sua ultima, incompiuta, impresa (la ricostruzione grafica di Roma antica). Questa nuova immagine di Raffaello è emersa negli studi soprattutto negli ultimi due decenni, come conseguenza del fervore critico stimolato dal quinto centenario della nascita e dalle campagne di restauro condotte su alcune sue opere capitali (come gli affreschi delle Stanze Vaticane). L'autore: Vincenzo Farinella insegna Storia dell’arte moderna presso l’Università di Pisa.