Il 9 novembre 1989 è caduto il Muro di Berlino. Le immagini di quella notte, trasmesse in diretta in tutto il mondo, sono andate ormai a collocarsi in una sorta di archivio della memoria collettiva contemporanea: il Muro infatti è stato, oltre che una dolorosa realtà, un simbolo fortissimo, capace come pochi altri di scandire la storia e la vita delle persone in un prima e un dopo. Dal giorno della sua apertura, del resto, il corso stesso della rivoluzione democratica in Germania orientale ha mutato direzione: la prospettiva "nazionale", rappresentata dall'unificazione in tempi rapidi con la Germania Occidentale, ha preso il sopravvento sulla prospettiva di una rifondazione democratica della DDR, evidenziando così le fragilissime basi di legittimazione dello Stato tedesco orientale. La Repubblica federale "allargata" scaturita dal tumultuoso processo di unificazione che ha contrassegnato il 1990 si troverà così ad accogliere diverse continuità storiche: da quel "passato che non passa" che già rappresentava - malgrado la reticenza ufficiale a riconoscerlo - il comune retaggio dei due Stati tedeschi, alla pesante eredità di quei quarant'anni di regime comunista nella DDR. Questo "nuovo inizio" è stato possibile, comunque, grazie al successo dell'altro modello di società, grazie cioè al graduale consolidamento del sistema parlamentare e del liberalismo nello Stato tedesco occidentale. Il "magnete occidentale" ha finito per attrarre a sé la DDR postcomunista, risolvendo definitivamente a proprio favore quella specie di competizione nella competizione che si era aperta tra i due Stati tedeschi negli anni della guerra fredda: una competizione che sul piano economico era apparsa in ogni caso già decisa fin dagli anni cinquanta. Il termine "questione tedesca" ha sempre evocato in questo lungo dopoguerra le strategie politiche delle superpotenze, il ruolo delle cancellerie e delle conferenze internazionali, i grandi equilibri continentali e planetari.