Lo spazio tra parola e immagine si sta rivelando da tempo come luogo della ricerca artistica tra i più fertili. In questi ultimi decenni, infatti, all'insegna della "scrittura" si sono sviluppate ricerche che hanno aperto prospettive impensabili, proprio mentre la pittura è sempre più incline a riflettere se stessa, rinunciando a quell'ottica di proiezione che aveva preso le mosse con Marcel Duchamp e con le avanguardie del primo Novecento. Accame è, da anni, uno dei maggiori operatori in questo campo sia sul piano creativo sia sul piano teorico. Il suo discorso, iniziato nei primi anni sessanta con la frantumazione del segno verbale, si è sviluppato attraverso un'appropriazione progressiva del segno, inteso come riferimento primario di ciascun tipo di scrittura. La parola e l'immagine si sono integrate nel lavoro di Accame attraverso una funzione interattiva che coinvolge nello spazio della tela (o della carta) tutta una serie di elementi considerati, appunto, ciascuno come segno. Nel Segno poetico, pubblicato da Spirali nel 1981, Accame ha raccolto i fondamenti storici e teorici del lavoro che qui, oggi, per la prima volta, viene presentato nell'intero suo svolgersi, dal 1966 a oggi.