Nel passato le trattazione sull'arte italiana dell'Ottocento hanno spesso oscillato tra un eccesso di valutazione in chiave di retorica nazionalista e una visione criticamente più equilibrata, ma scarsamente correlata con l'ambiente culturale internazionale: ambiente che proprio in quel secolo appare percorso da un'intensa circolazione di esperienze e di scambi, accelerata dalle vicende risorgimentali, dalle radicali trasformazioni economiche delle società europee dall'insorgere di nuovi sistemi ideologici e, sul versante più propriamente artistico, dalla vivacità del dibattito culturale soprattutto in Francia. A partire dagli anni Cinquanta e sotto l'impulso dei differenti, ma convergenti indirizzi di grandi personalità critiche come Roberto Longhi o Lionello Venturi, la storiografia d'arte ha dunque teso a collocare in questo campo di osservazione la vicenda pittorica italiana, per comprenderne le affinità e le intersezioni con il corso europeo e, per contrasto, le stesse specificità indotte dalle particolari eredità culturali e dalle condizioni storiche nella penisola. Difficilmente il lettore informato di oggi - al quale l'intero ambito dell'arte moderna e contemporanea si presenta come un grande nesso storico e problematico - troverebbe stimoli in un discorso sulla pittura italiana che non si proiettasse sul coevo contesto artistico internazionale. Antonio Del Guercio - che per la Storia dell'arte Italia ha curato anche la trattazione sulla pittura del Novecento - avvia il proprio studio sul corso pittorico italiano del XIX secolo connettendolo puntualmente con il più vasto scenario europeo delle problematiche e delle tendenze che allora si svilupparono in sede non solo artistica ma storica e sociale; e insieme coglie in lunga prospettiva i riflessi della grande arte italiana del passato, catturati e rielaborati dalla sensibilità degli artisti d'oltralpe durante le rivisitazioni dei "voyages d'Italie".